ULTIMO AGGIORNAMENTO = 21 Febbraio 2010

Torna indietro (a Professione)

Indice  

Prefazione, di Adriano Salsi

pag.

7

 

 

 

Introduzione, di Alberto Tinarelli

»

9

 

 

 

Parte Prima

 

 

Epidemiologia e Tossicodipendenza, di Eva Buiatti, Francesco Cipriani e C. Alberto Goldoni

»

17

1.  Premessae

»

17

2. Metodologie Epidemiologiche applicate alle Tossicodipendenze

»

19

3. Il Sistema Informativo Sanitario della Regione Emilia-Romagna

»

27

 

 

 

Il ruolo del Sistema Informativo Regionale sulle tossicodipendenze nell’analisi epidemiologica, di Gianni Morandi e Cristina Sorio

»

30

1.  L'evoluzione del Sistema Informativo e il ruolo degli Osservatori aziendali nel sistema dei servizi della Regione Emilia-Romagna

»

30

2. Il Sistema Informativo sulle Tossicodipendenze e le sue potenzialità epidemiologiche

»

47

 

 

 

Parte Seconda

 

 

La mortalità dei tossicodipendenti nella Regione Emilia-Romagna ed i suoi determinanti. Risultati di uno studio longitudinale, di Laura Ciccolallo, Gianni Morandi, Raimondo Maria Pavarin, Cristina Sorio, Eva Buiatti

»

69

1. Sommario

»

69

2. Introduzione

»

70

3. Analisi di alcuni studi di mortalità nei tossicodipendenti da eroina

»

71

4. Metodologia dello Studio di mortalità

»

74

5. Risultati dell’analisi Descrittiva

»

85

6. Analisi degli Andamenti Temporali

»

102

7. Le differenze geografiche

»

108

8. Analisi della Sopravvivenza

»

113

9. Conclusioni

»

121

 

 

 

Sieroconversione al virus Hiv ed all’Epatite C nella popolazione eroinomane, di G.  Morandi

»

127

1. Sommario

»

127

2. Introduzione

»

128

3. Il disegno dello studio

»

129

4. Sieroconversione all’Hiv ed all’Hcv negli eroinomani utenti dei SerT della provincia di Modena

»

132

5. Conclusioni

»

137

 

 

 

Stima della prevalenza di abuso di eroina: due metodi a confronto, di Cristina Sorio

»

140

1. Sommario

»

140

2. Introduzione

»

141

3. I metodi Mortality Multiplier e Capture-recapture

»

143

4. La stima del numero oscuro di tossicodipendenti da eroina nelle province di Ferrara e Modena

»

146

5. Conclusioni

»

150

 

 

 

Conclusioni e prospettive, di Mila Ferri

»

156

 

 

 

Appendice

»

160

Classificazione Internazionale delle Malattie, dei Traumatismi e delle Cause di Morte ICD – IX Revisione

»

160

Glossario

»

166

 

 

 

Gli autori

»

173

 

 

Epidemiologia e Tossicodipendenza - 1. Premessa

di Cristina Sorio

 

Nel 1995 la Regione Lazio ha promosso un Master in metodologie epidemiologiche applicate alle tossicodipendenze diretto a 15 operatori laureati dei servizi pubblici, privati e di altri servizi che si occupano della ricerca epidemiologica nel settore delle tossicodipendenze e delle patologie correlate di tutto il territorio nazionale.

Il Master finanziato dal Dipartimento affari sociali, aveva lo scopo di sviluppare le capacità di ricerca epidemiologica nell’ambito delle Tossicodipendenze, di formare operatori in grado di fungere da referenti in una rete di rilevazione epidemiologica, e di favorire lo scambio di informazioni tra operatori dei servizi pubblici e privati, facilitando l’integrazione tra i due settori. Il corso si è avvalso in parte dell’iter formativo del Master in Epidemiologia accreditato presso l’Associazione italiana di epidemiologia e presso associazioni scientifiche, e in parte delle strutture didattiche e di ricerca dell’Osservatorio epidemiologico della Regione Lazio.

La partecipazione al Master dei responsabili degli Osservatori aziendali delle dipendenze patologiche delle Province di Ferrara, Modena e Piacenza, nel contesto dei Servizi per le tossicodipendenze della Regione Emilia-Romagna, ha dato vita agli studi che qui presentiamo e che a partire da metodologie epidemiologiche cercano di descrivere e analizzare il fenomeno della dipendenza da eroina, stimarne la prevalenza e valutare il rischio di mortalità e morbosità associato all’uso di droghe per via endovenosa. Ha inoltre contribuito a diffondere una maggiore sensibilità verso studi di tipo osservazionale e a integrare le conoscenze della sociologia sanitaria, storicamente radicate nel contesto emiliano, con le metodologie epidemiologiche.

Le relazioni tra epidemiologia e sociologia possono essere molteplici anche perché “l’epidemiologia si presenta chiaramente come una disciplina a metà strada tra le scienze naturali – di cui condivide la tendenza a circoscrivere il campo di indagine e isolare le relazioni causali semplificate – e le scienze sociali – di cui condivide l’impossibilità di sperimentare e la consapevolezza della complessità delle reti causali”[1].

Il bisogno di allontanarsi dal quasi esclusivo punto di vista della ricerca sui rischi individuali, verso le strutture e i procedimenti sociali all’interno dei quali hanno origine malattia e salute, ha comportato un avvicinamento ai temi della Sociologia Sanitaria che cerca di situare i fattori di rischio nel contesto sociale di appartenenza.

Sul versante della valutazione dei rischi si è fatta strada la necessità di affiancare allo studio delle conseguenze per lo stato di salute causate da una certa esposizione, un processo che mira ad identificare il significato o il valore delle esposizioni e dei rischi ad esse associati, percepiti da individui appartenenti a particolari sotto-gruppi di popolazione (età, sesso, istruzione, condizione lavorativa ecc.).

“Quindi lo sforzo sarà quello di ridimensionare la centralità della relazione causa-effetto attraverso la comprensione del contesto in cui questa relazione si instaura”[2]. Lo studio di singoli fattori di rischio continua ad essere importante ma è indispensabile che essi siano situati nel proprio contesto storico e sociale. È importante riconoscere che le “popolazioni” studiate non sono semplici raccolte di individui convenientemente raggruppati per motivi di studio. Ogni popolazione ha proprie vicende storiche e culturali, organizzazione e divisioni sociali ed economiche che influenzano il modo in cui, ed i motivi per cui, le persone sono esposte a particolari fattori.

Di conseguenza l’epidemiologia è inevitabilmente intrecciata con la società e non può né desidera studiare le cause delle patologie in astratto. Pertanto per comprendere la causazione delle patologie in una popolazione, è essenziale capire il contesto storico e sociale; ciò richiede un approccio più spiccatamente multidisciplinare ed un maggiore coinvolgimento da parte delle scienze sociali[3].

Sul versante della Sociologia Sanitaria il focus della ricerca è la salute come processo di healthing, in cui soggetto, sistema sociale e sanitario hanno un ruolo dinamico e attivo nella salvaguardia dello stato di salute[4].

Nel campo della sanità pubblica, e in particolare nell’ambito delle tossicodipendenze, recentemente si è cercato di passare da una sociologia dei servizi sanitari per la medicina, allo studio dei bisogni di salute e dei fattori di rischio specifici associati a particolari stili di vita.

La ricerca sociologica ha abbracciato una prospettiva di popolazione, affiancando alla valutazione dell’efficacia dei servizi l’osservazione della distribuzione temporale e geografica dei fenomeni, lo studio della mortalità e dei suoi determinanti, la valutazione del rischio infettivo correlato alla dipendenza. Questa scelta di campo ha da un lato orientato le analisi verso un agire preventivo e dall’altro ha avvicinato metodologicamente la sociologia all’epidemiologia.

Infatti si è passati da studi trasversali e descrittivi verso studi longitudinali e caso-controllo peculiari dell’approccio epidemiologico, mantenendo i fondamenti metodologici della survey research: la scelta del disegno dello studio, la definizione del fenomeno da indagare, l’accuratezza e riproducibilità delle osservazioni, la confrontabilità tra gruppi di popolazione, il controllo delle possibili fonti di distorsione (bias), fino al ricorso a tecniche statistiche tese a stimare la variabilità casuale.

Epidemiologia e Sociologia sanitaria rappresentano due approcci da cui osservare i principali determinanti della salute nelle popolazioni. Il rapporto tra leggi di causazione, risposta individuale e contesto sociale diventa la sfida più importante per entrambe le discipline, che hanno l’uomo come oggetto.

 

 

L’evoluzione del Sistema Informativo e il ruolo degli Osservatori aziendali nel sistema dei servizi della Regione Emilia-Romagna - 1.1 Premessa

di Gianni Morandi

 

Ritengo doveroso premettere alla trattazione del sistema informativo (d’ora innanzi SI) regionale, della sua progettazione ed articolazione, del ruolo degli Osservatori aziendali, una considerazione di natura filosofico-metodologica che vuole suonare come avvertimento preliminare.

Per evitare di caricare di aspettative positive a tutto campo il SI e le sue componenti, trattati come strumenti risolutori di ogni problematica, non possiamo esimerci dal riflettere preliminarmente sui motivi, e sui limiti che ne conseguono, dell’uso di tale strumento. Se è vero infatti che «anche grazie alla maggiore disponibilità di informazioni oculate la governabilità dei servizi è forse aumentata. Non parimenti però sembra essere aumentata quella conoscenza realmente capace di lavorare sulle finalità per le quali i diversi servizi vengono attivati. Troppo spesso la mole dei dati raccolti non è direttamente e neppure indirettamente utilizzabile per un approfondimento delle problematiche sulle quali diversi servizi si prefiggono di incidere. Il rischio all’orizzonte è quello di una professionalizzazione senz’anima in base alla quale la preoccupazione per gli strumenti e le procedure finiscano con il sopravanzare quella dei fini. (...) Insomma, la vecchia domanda: “informazione perché?” deve continuamente essere posta e riproposta. Solo così possiamo affrontare il vaglio per il SI di una sua utilità, non solamente organizzativa, ma sociale».[5] Solo così possiamo lavorare per obiettivi, programmando e verificando il nostro operare, senza tralasciare l’operare altrui, laddove si interconnette al nostro.

 

 

Il Sistema Informativo sulle Tossicodipendenze e le sue potenzialità epidemiologiche - 2.1 Premessa

di Cristina Sorio

 

In questo paragrafo si evidenzieranno le connotazioni fondanti il frame progettuale normativo che ha condizionato la nascita e lo sviluppo del Sistema Informativo[6] regionale e aziendale sulle Tossicodipendenze, ricorrendo ai modelli sociologici applicabili alle organizzazioni sanitarie.

In altri termini lo sforzo sarà indirizzato verso la ricerca di paradigmi che ci permettano di analizzare gli elementi fondanti del SI in studio, e di isolare le matrici di apprendimento che la molteplicità di attori coinvolti ha sviluppato in questi ultimi 10 anni.

Come abbiamo visto nel paragrafo precedente il sub-sistema  socio-sanitario per la prevenzione e cura delle dipendenze patologiche può essere letto come un sistema sociale complesso e dinamico, influenzato da dif-ferenti fattori storici, economici, politici e giuridico-normativi.

Di conseguenza l’utilizzo del concetto di SI risulta strettamente legato all’applicazione di un approccio sistemico al settore sanitario. Infatti non appena i SerT da semplici sistemi organizzati, hanno visto consolidarsi un modello dipartimentale in stretto collegamento con il System Management aziendale, si è assistito al loro interno ad uno sviluppo di entità specializzate con il compito di fornire l’informazione[7].

La scelta strategica effettuata dagli Osservatori sulle Dipendenze Patologiche della Regione Emilia-Romagna è stata indirizzata verso un modello di SI distribuito a tutti i livelli operativi e finalizzato ai bisogni informativi sviluppati da ciascun livello organizzativo. Pertanto il SI che ne scaturisce è in grado di produrre informazioni di esercizio, immediatamente fruibili e connesse con l’erogazione del servizio, e informazioni di governo[8] finalizzate a fornire quegli output necessari alla programmazione sanitaria.

Nei contesti aziendali (provinciali) si è passati da una prima fase progettuale del sistema informativo di base con finalità descrittive del fenomeno, allo sviluppo di segmenti incentrati sulla valutazione di risultato, assumendo per alcuni aspetti caratteristiche di sistemi esperti, fino alla sperimentazione, negli ultimi anni, di metodologie di ricerca epidemiologica innestate nella base dati storica, in una prospettiva di sistema orientato non solo alla domanda ma anche ai rischi e ai bisogni di salute.

 

 

La mortalità dei tossicodipendenti nella Regione Emilia-Romagna ed i suoi determinanti. Risultati di uno studio longitudinale - 1. Sommario

di Laura Ciccolallo, Gianni Morandi, Raimondo M. Pavarin, Cristina  Sorio, Eva Buiatti

 

In questo studio vengono presentati i risultati relativi alla mortalità della coorte retrospettiva dei soggetti tossicodipendenti da eroina per via endovenosa afferenti ai SerT delle tre province di Piacenza, Modena e Ferrara nella Regione Emilia-Romagna (4260 soggetti, 3324 maschi e 936 femmine). Il periodo di osservazione copre circa 20 anni. I tassi di mortalità per Aids sono crescenti in tutto il periodo, mentre quelli per overdose e per le altre cause (prevalentemente violente) crescono fino all'inizio degli anni '90 e  tendono a ridursi negli ultimi anni.

Questa riduzione, non ancora riportata in altre coorti italiane, potrebbe essere legata alle strategie terapeutiche dei SerT, che si sono modificate intorno al 1992. Si conferma l’eccesso di mortalità per tutte le cause nella coorte rispetto alla popolazione generale, simile a quello rilevato in altri studi e notevolmente elevato nelle femmine (SMR nei maschi: 16,7 - LC 15,3-18,2; nelle femmine: 33,4 - LC 27,9-39,9). Nei due sessi la probabilità di sopravvivenza dopo 15 anni di osservazione è del 65%. Fra gli eccessi di mortalità più rilevanti, oltre all'overdose e all'Aids, sono da segnalare le cause violente (fra queste gli incidenti stradali), la cirrosi, le cause infettive, i tumori nei maschi. Nelle femmine sono da segnalare le cause violente, le malattie dell’apparato digerente e gli omicidi. La mortalità generale è più alta nella sotto coorte di Piacenza, prevalentemente a causa di un alto numero di morti per overdose, coerentemente con altre zone del Nord Italia. Risultano a maggior rischio di morte i maschi che hanno iniziato l'uso continuativo della droga prima dei 20 anni, che sono entrati in contatto con il SerT negli anni ’90, che sono stati presi in carico dal servizio in età relativamente matura e che hanno avuto problemi con la giustizia.

 

 

SIEROCONVERSIONE ALL’HIV ED ALL’HCV NEGLI EROINOMANI UTENTI DEI SERT DELLA PROVINCIA DI MODENA. - 1. Sommario

di Gianni Morandi

 

In questo studio presentiamo i risultati relativi alla sieroconversione HIV ed HCV dei 2 sottoinsiemi di soggetti sottoposti ai relativi test sierologici HIV (1420 soggetti, 3635 esami) ed HCV (905 soggetti, 1509 esami) all’interno dell’intera coorte di tossicodipendenti da eroina afferiti ai serT della provincia di Modena (2518 soggetti) nel periodo 1975-95. Gli esami HIV coprono circa 14 anni (1/1/85-31/8/98), mentre gli esami HCV sono riferiti a circa 10 anni (1/1/89-31/8/98). Le stime di sopravvivenza effettuate sono molto più elevate per l’HIV (94%) rispetto all’HCV (45%), che mostra una maggiore capacità di diffusione. Non si riscontrano differenze tra i sessi ad eccezione dell’HCV che mostra una leggera maggior velocità di sieroconversione nelle femmine. In entrambi i casi i piccoli numeri di sieroconvertiti rendono difficile generalizzare adeguatamente. E’ interessante notare che, rispettivamente, 1/4 dei soggetti era già sieropositivo HIV e 3/4 sono risultati già sieropositivi HCV, al loro primo contatto col SerT. La probabilità di contrarre le 2 infezioni sembra essere influenzata in parte dalle differenti capacità di resistenza e di trasmissione dei virus HIV ed HCV ed in parte dai diversi comportamenti degli eroinomani in materia di riduzione del rischio di contagio. La minore informazione sanitaria sulle modalità di trasmissione dell’HCV e sui rischi che tale infezione comporta, rispetto a quanto avviene per l’HIV, sembra incidere marcatamente sul diffondersi dell’HCV tra gli eroinomani. I soggetti già sieropositivi (in modo maggiore per l’HIV che per l’HCV) mostrano i più elevati tassi di mortalità, non solo in termini di maggiore probabilità diretta di decesso ma anche in termini di partecipazione convinta al programma terapeutico, tenuto anche conto che quasi 1/4 dei decessi registrati tra i già sieropositivi HIV sono causati da morti evitabili (overdose e traumatismi) e che tale percentuale sale a quasi 3/5 nel caso dei già sieropositivi HCV. I soggetti risultati sempre negativi mostrano invece i più bassi tassi di mortalità.

 

 

Stima della prevalenza di abuso di eroina: due metodi a confronto - 1. Sommario

di Cristina  Sorio

 

In questo studio vengono applicati e confrontati due metodi di stima del numero oscuro di tossicodipendenti da eroina per via endovenosa delle province di Ferrara e Modena, a partire dalle popolazioni arruolate nello studio di mortalità.

Per l’applicazione del metodo Mortality Multiplier sono state utilizzate due fonti di dati: i soggetti arruolati nella coorte storica per lo studio di mortalità, residenti nelle province di Ferrara e Modena, nel periodo 1981-1995 e l’archivio regionale di mortalità. Successivamente sono stati osservati i casi di overdose classificati con il codice 304 della Classificazione Internazionale ICD – IX Revisione, nelle due popolazioni. La forza di mortalità nella coorte è stata misurata con i tassi di mortalità grezzi per overdose dei soggetti calcolati sugli anni-persona di osservazione; è stato inoltre rilevato il numero medio annuale di decessi per overdose tra la popolazione residente nei Comuni delle due province oggetto di studio. Per calcolare la stima è stato diviso il numero di decessi per overdose osservati tra i residenti nelle province di Ferrara e Modena nel periodo 1981-1995, per il tasso medio annuale di mortalità per overdose, calcolato sugli anni-persona osservati nella coorte nello stesso periodo. Applicando i tassi di mortalità per overdose osservati nelle due coorti (Ferrara=0,00442; Modena=0,00705) ai decessi osservati nella popolazione residente (Ferrara=50; Modena=159) sono stati stimati 754 soggetti per la coorte di Ferrara contro i 481 osservati nel 1995 e 1.503 soggetti nella provincia di Modena contro i 891 in carico nel 1995. Il rapporto soggetti stimati/utenti conosciuti ai SerT è risultato di 1,6:1 per Ferrara e 1,7:1 per Modena.

Per ottenere la stima attraverso il metodo Capture-recapture sono stati utilizzati 2 campioni indipendenti di casi estratti da due fonti diverse di popolazioni confrontabili, durante lo stesso periodo di tempo.

Il primo campione è composto da soggetti dipendenti da eroina per via endovenosa presenti nella coorte e in carico ai SerT delle province di Ferrara e Modena nel 1995 (Ferrara=481; Modena=891); il secondo campione è stato costruito a partire dall’archivio dei Casi di Aids notificati al Registro Regionale, residenti nelle province di Ferrara e Modena al momento della notifica (1995), con fattore di rischio uguale a tossicodipendente o tossicodipendente omosessuale.

È stata adottata una procedura di linkage di tipo deterministico basata su marcatori specifici verificati sulla base delle intersezioni rilevate nella coincidenza delle date di nascita. Il limite di tolleranza delle incongruenze accettato è stato una sola “mutazione” in una delle due date. La proporzione di soggetti tossicodipendenti noti al registro Aids e sconosciuti alla coorte è stata utilizzata per stimare la numerosità “oscura” totale. A tal fine è stato necessario assumere che la probabilità di essere conosciuti ai SerT sia uguale nei soggetti affetti e non affetti da Aids.

Applicando il metodo cattura-ricattura sono stati stimati 1.237 soggetti a Ferarra (L.C.:1.011-1.463) e 3.483 a Modena (L.C.: 798-4.322). Il rapporto tra sooggetti stimati e utenti conosciuti è risultato di 2,6:1 per Ferrara e di 3,9:1 per Modena.

 



[1]P. Vineis, Modelli di rischio, Einaudi, Torino, 1990, p. 9.

[2] Ibidem.

[3] N. Pearce, “Epidemiologia tradizionale, epidemiologia moderna e sanità pubblica”, in Epidemiologia e Prevenzione, 21, 1997, pp. 92-98.

[4] P. Donati (a cura di), Manuale di Sociologia Sanitaria, Nis, Roma, 1987.

[5] P. Zurla, Vecchi e nuovi problemi del sistema informativo, in J. Fagioli e P. Ugolini (a cura di), Tossicodipendenze e pratica sociologica, FrancoAngeli, Milano, 1996, p.225-226.

[6] D’ora in poi SI.

[7] P. Zurla, Accezioni, funzioni e caratteristiche del sistema informativo sanitario. Il contributo di un’analisi sociologica, in M. La Rosa, P. Zurla (a cura di), Sistema Informativo e Unità sanitaria locale, FrancoAngeli, Milano, 1982, pp. 51-52.

[8] N. Florindo, Strategie e strumenti per l’informazione sanitaria, FrancoAngeli, Milano, 1987.